Chioggia città
del colore
di Gianni Scarpa e Sergio Ravagnan
Colori dell'acqua
Un variopinto caleidoscopio
Chioggia è una città
circondata, quasi assediata
dall’acqua. L’acqua del mare, della laguna, dei canali, dei fiumi.
Si potrebbe dire addirittura nata dall’acqua,
perché fin dalla sua storia più lontana ha dovuto
convivere con questo elemento, fonte di vita, ma anche di precarietà.
Costruendovi le case su palafitte. Proteggendosi
dal suo impeto prima con le palate, poi con i murazzi. Strappandole palmo
a palmo la terra per plasmarla ad orto. Costringendola a seguire il corso
più consono alla sua sopravvivenza. Chioggia ha vissuto e continua
a vivere dell’acqua e di quanto in essa si produce: prima con il sale,
poi con la pesca;
l’ha anche costretta alle proprie esigenze, coltivandola come i suoi
“contadini” fanno con la terra. E l’ha usata e continua
ad usarla come strada: una via dalle direzioni infinite, che unisce luoghi
vicini e lontani. L’acqua è perciò parte integrante e
predominante del suo essere, elemento per continue vittorie e sconfitte. Ma
l’acqua per questa città sa essere anche atmosfera, facendola
apparire ad un tempo reale e immaginaria nei suoi riflessi. E Chioggia non
si tira indietro in questa sorta di civetteria. E nel guardarsi allo specchio
sa di volta in volta ammorbidire o accentuare i suoi colori. Sa rispondere
con un’intesa quasi ruffiana all’acqua quando impregna le strade
e le case, quando avvolge le barche. Dosando le tonalità dei colori
a seconda del tempo: allegra col sole, sa esplodere con le tinte forti e vivaci;
triste e melanconica nelle giornate di nebbia, sa nascondersi in tenue sfumature
grigioverdi.
La Laguna
È un ambiente unico al mondo per la sua conformazione, frutto di un
delicato equilibrio di forze naturali e interventi umani. Separata dal mare
dai cordoni litoranei o lidi, formatisi grazie agli apporti fluviali che sfociano
nell’Alto Adriatico, mantiene la sua vitalità attraverso le bocche
di porto, che ne assicurano
il ricambio d’acqua. Nella parte più vicina ai porti appare come
uno specchio d’acqua salata con caratteristiche molto simili a quelle
marine, ma presenta bassi fondali. Ed è contrassegnata dalla sinuosa
serie di “bricole” che indicano la direzione dei canali navigabili.
È in questo contesto che troviamo anche le isole, a volte tra loro
aggregate, divenute, fin dai tempi più remoti, popolosi e attivi centri
abitati. Più all’interno il panorama cambia aspetto. Lo spazio
acqueo diviene un intricato dedalo di specchi minori, sfumati, in mezzo a
terreni piatti e pantanosi, le “barene”, caratterizzate da una
tipica vegetazione alofila, come il giunco, il limonio con i suoi fuori violacei,
la salicornia che in autunno si colora di una tinta rossastra. Queste isole
mutano colore a seconda della stagione. Irrorate da minuscoli canaletti, i
“ghebi”, a volte scompaiono, sommerse completamente dalla marea.
Sono vere oasi naturalistiche in cui trovano riparo e nidificano numerose
specie di uccelli stanziali e migratori. Vi si possono avvistare l’airone,
la garzette, il cavaliere d’italia, ma anche la folaga, il germano reale,
branchi di smerghi e colonie di cormorani.
I vivai
Il paesaggio lagunare è caratterizzato da alcuni elementi pittoreschi
legati all’allevamento dei militi. Sono i capanni costruiti su palafitte
e sospesi sull’acqua. È
l’ordinata serie dei filari, da cui calano le reste, corde di canapa,
dove crescono abbarbicate le cozze. La laguna di Chioggia risulta la maggior
prouttrice italiana di questi molluschi, coprendo i due terzi dell’intera
produzione nazionale. Ora molti di questi allevamenti, sono stati installati,
con metodologie diverse di produzione, anche in mare aperto, lungo la fascia
costiera.
Chioggia
Con i suoi 52 mila abitanti è la sesta città più popolosa
del Veneto. Situata nell’estremo lembo meridionale della Laguna di Venezia,
occupa una posizione
geografica singolare: tra mare e laguna, quasi sospesa tra le diverse tonalità
di azzurro del cielo e dell’acqua. È divisa dal mare da una lunga
striscia
di arenile, il lido di Sottomarina, che va dalla bocca di porto di San Felice
alla foce del Brenta. La sua “forma urbis”, ovvero la struttura
della città, ha sempre incuriosito studiosi, viaggiatori e scrittori,
al punto da essere considerarta un esempio classico e citatissimo di pianta
urbana, sintesi incomparabile di morfologia naturale e di funzionalità
rispetto all’antico mestiere delle saline e poi a quello della pesca.Le
linee verticali della piazza e dei canali si ntersecano con quelle orizzontali
delle calli scandite con regolarità e in un ordine quasi perfetto.
Solo artificialmente è un isola: e lo è dalla metà del
1500, quando fu scavato il canale della Cava per ragioni di sicurezza militare
della Repubblica Serenissima, del cui dogado risultava essere la seconda città.
Ha ritrovato la sua naturale continuità con la terraferma attraverso
un antico ponte a 43 arcate, costruito a metà del 1700, un luogo da
cui è possibile ammirare straordinari tramonti di fuoco in laguna.
I canali
Scorrono, dividendo a fette il centro storico, tre canali. Il più interno
è il canal Vena, il più pittoresco, cavalcato da nove ponti
(Vigo, Caneva, Sant’Andrea, Pescheria, Filippini, San Giacomo, Scarpa,
Zitelle, Cuccagna). Ospita le barche di piccola stazza. Nelle sue fondamenta
si svolge il pittoresco mercatino giornaliero del pesce e della frutta e verdura.
All’esterno del nucleo centrale: il canal Lombardo ad ovest e il San
Domenico ad est, alle cui fondamenta
sono ormeggiate le barche per la pesca d’altura. Ciascuna è riconoscibile
nella diversa specializzazione dei mestieri dalla forma delle reti e degli
attrezzi di pesca (le cocce volanti, i ramponi per lo strascico, le turbosoffianti).
Tra il Vena e il Lombardo: il canal del Perottolo in parte interrato, nella
cui riva si trova la balaustra marmorea del Refugium peccatorum, angolo suggestivo
che ha inspirato artisti e scrittori.
I vieri
Non costituiscono soltanto un colpo d’occhio straordinario per gli amanti
della fotografia, per i riflessi che producono nella laguna a ponente, all’ingresso
della città. Queste nasse in legno racchiudono anche uno dei più
antichi e complessi sistemi di allevamento: la produzione delle moleche, i
tenerissimi granchi colti nel preciso momento della muta: una vera prelibatezza
per palati raffinati.