14-04-06
 
pag. 33, Provincia
 
 
E'la proposta lanciata dai Ds

«Serve una società pubblico-privata per riuscire a salvare le Tegnue»

Mescalchin: «Chiedo il divieto di ancoraggio da quattro anni»
 
 
 

CHIOGGIA. Una società pubblico-privata per salvare le Tegnue .

Lo chiedono i gruppi consi­liari comunali e regionali dei Ds per evitare che in futuro il patrimonio marino al largo di Chioggia sia sfruttato da aziende private per scopi di lucro.

«Finora — spiega Narciso Girotto, consigliere comuna­le diessino — le Tegnue non sono state valorizzate come dovrebbero. L'amministrazio­ne comunale sta investendo molto sulla promozione, ma Le “ Tegnue di Chioggia” non hanno ancora giocato una carta che potrebbe davvero fare la differenza rispetto a molte altre localit à. L'ammi­nistrazione non può essere uno spettatore in questo ca­so, deve guidare la tutela e la promozione di una risorsa su cui fino ad oggi forse non si è creduto abbastanza».
La presa di posizione dei Ds arriva a pochi giorni di di­stanza dall'ultimatum lancia­to dal presidente dell'associa­zione « Tegnue onlus», Piero Mescalchin , esausto di chiede­re da oltre quattro anni un aiuto concreto alle istituzioni per la salvaguardia delle in­fiorescenze marine di Chiog-gia. Se entro un mese non ar­riveranno divieti di ancorag gio e regole chiare da parte delle istituzioni, lascer à l'as­sociazione e toglierà boe e cor­pi morti affondati per indica­re i percorsi ai subacquei.
«L'amministrazione — spie­ga il consigliere regionale, Lu­cio Tiozzo — deve entrare nel­l'associazione, assieme a Pro­vincia e Regione. Una società di gestione pubblico-privata potrà individuare metodi e re­gole per la fruizione che non può essere liberalizzata né ge­stita da enti privati, n rischio è che le Tegnue diventino un terreno di conquista dei pri vati con iniziative spurie o che perdano il loro fascino perch é altre località venete sostengono di avere fondali si­mili, cosa assolutamente in­fondata».
Nella societ à pubblico-pri­vata dovrebbero entrare an­che le categorie economiche della città. «Solo una gestione plurale — concludono i consi­glieri diessini — può garanti­re che un patrimonio unico come questo sia utilizzato nel­la maniera consona e a totale beneficio dell'immagine turi­stica della città», (e.b.a.)

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