VENEZIA. Questa è la storia di un pesce d’aprile. Il giorno 1 la Gazzetta Ufficiale
n. 77 ha pubblicato il decreto 16 marzo 2004 che istituiva una zona
di tutela biologica davanti a Chioggia denominata «Area Tenue». Dimensioni:
160 kmq, ampiezza misurata da Massimo Ponti, ricercatore dell’università
di Bologna e collaboratore dell’Associazione Tegnùe (si noti la diversa
grafia) di cui è presidente Piero Mescalchin. Area di tutela biologica
significa che non si può pescare a strascico. C’è stata la sollevazione
immediata dei pescatori chioggiotti. Contraccolpo altrettanto immediato:
l’8 aprile il sottosegretario Paolo Scarpa ha «sospeso temporaneamente» il decreto. Il governo ha scherzato? Non del tutto, come di vede dalla
seguente intervista.
Ma prima bisogna fare due premesse: 1) il decreto 16 marzo
ha istituito aree di tutela biologica in tutto l’Adriatico; una è al
largo di Ravenna, talmente al largo che finisce sopra la Croazia perché
le coordinate geografiche sono sbagliate 2 gradi (errore rilevato da
Massimo Ponti; ogni grado corriponde a 250 chilometri). 2) Davanti a
Chioggia esiste già una zona di tutela biologica, istituita il 5 agosto
2002 con decreto pubblicato in G.U. n. 193 del 19.8.2002, chiamata Tegnùe
(si noti sempre la grafia), riconosciuta in un progetto di valorizzazione
regionale affidato dalla giunta Galan all’Associazione Tegnùe di Chioggia-onlus,
presieduta dal Piero Mescalchin di cui sopra. Questa zona è spezzettata
in 4 aree diverse, ha una superficie totale di 16 kmq, nessuno si sogna
di andarci a pescare sopra perché le reti resterebbero impigliate sul
fondale roccioso (da qui il nome «tegnùe», reti «trattenute» sul fondo).
In vent’anni di immersioni per recuperare le reti dei pescatori, Mescalchin
ha censito qualcosa come 3000 tegnùe. Tutto il fondale sabbioso dell’Adriatico
ne è tempestato. E si chiede: perché non spezzettare l’area di tutela
biologica, se proprio bisogna istituirla?
Chiediamo nel frattempo a Paolo Scarpa: com’è nato questo equivoco?
«Si deve partire dal fermo pesca 2003. Solo noi italiani lo
facciamo in questo modo. Per l’Unione europea sono aiuti di Stato, che
prevedono sanzioni. Io ho ereditato 5 infrazioni da chi mi ha preceduto,
con relative procedure, che abbiamo pagato. Vorrei evitare di continuare
su questa linea, anche perché trattare con il commissario Franz Fischler
non è semplice. Per il fermo pesca 2004-05-06 l’Unione ci obbliga a
istituire aree di tutela biologica, per favorire il ripopolamento. La
Direzione della pesca, che dipende da me, ha chiesto un parere al Comitato
scientifico. E gli scienziati hanno proposto la delimitazione che poi
è uscita».
I pescatori non sapevano nulla?
«Al contrario. Era già cominciato un ragionamento con le loro
associazioni, sia nazionali che locali, prima di istituire le aree di
tutela, da Miramare alla Puglia».
Poi a Chioggia si sono ribellati...
«Ci sono stati dei problemi, evidenziatici dalle associazioni
di pescatori, i cui pesidenti mi hanno telefonato. Pur in assenza del
direttore generale del ministero che era a Dublino, ho fatto preparare
un decreto di sospensione e l’ho firmato giovedì alle 14».
Lei parla di sospensione temporanea.
«Eh già. I pescatori devono sapere che, alla fine, un’area
di tutela biologica deve essere fatta, se vogliono continuare con il
fermo pesca. Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Dalla
settimana prossima dovremo riprendere la trattativa. Faremo una commissione
consultiva locale e andremo in cerca delle coordinate geografiche che
possano essere accettate dai pescatori».
Si tratta di bloccare la pesca a strascico entro le 3 miglia?
«Non solo, anche nelle are di ripopolamento disseminate dal
comitato scientifico. Ci sono alcune specie ittiche che sono in pericoloso
calo. Bisogna intervenire nell’interesse dei pescatori, se non vogliono
pescare acqua in un futuro prossimo. E’ un problema di equilibrio».
Soltanto in Italia peschiamo a strascico entro le 3 miglia: è così?
«E’ il problema della picola pesca costiera. Ma abbiamo un
piano di riconversione, per eliminare tutta una serie di imbarcazioni,
con premi per l’arresto definitivo. Io ho ereditato 16.800 imbarcazioni
in Italia, di cui 16.000 piccole o piccolissime. E per lo più anche
vecchissime. Le stiamo ammodernando e parecchie le stiamo facendo chiudere.
Ma non si può mandare in strada la gente».
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